I Semoni del Fr.llo Roberto BRACCO

FEDELI FINO ALLA FINE

di ROBERTO BRACCO …chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato. Matteo 24:13 – Nell’Apocalisse si può leggere: “ Sii fedele fino alla morte ed lo ti darò la corona della vita” (Apoc. 2 :10). Fino alla fine, fino alla morte; in realtà le due frasi esprimono due concetti simili, ma non uguali : la prima si riferisce alla lunghezza e la seconda alla durezza dell’impegno cristiano. Non soltanto dobbiamo rimanere fedeli fino all’ultimo alito della nostra vita quaggiù, ma dobbiamo rimanere fedeli anche a prezzo di privazioni, sofferenze, morte. La nostra perseveranza deve sfidare il tempo e deve sfidare tutte le eventualità che impegnano la fede, non esclusa la morte sul campo dei martirio.

 

Noi “ non compriamo “ la salvezza perché la partecipiamo come dono di Dio, però “ conserviamo “la salvezza come custodi di un bene che ci è stato dato da Dio : questa è la perseveranza cristiana. Perseveranza nel confessare Cristo, perseveranza nei seguire Cristo, perseveranza nell’ubbidire a Cristo, perseveranza nel servizio di Cristo.

 

Il cristianesimo deve avere un fondamento stabile nell’esperienza del credente; non si deve appoggiare sopra un entusiasmo passeggero, sopra un’emozione momentanea perché da questi fenomeni psicologici possono scaturire promesse, impegni, dichiarazioni di fede, ma soltanto come effetti corrispondenti alla causa cioè come manifestazioni superficiali e transitorie. Il fondamento del nostro cristianesimo deve essere una scelta consapevole e responsabile ed un impegno sincero ed onesto; dobbiamo saper suggellare un patto di fedeltà, di discepolato che ci renda fedeli fino alla fine.

 

Naturalmente dobbiamo guardarci dai commettere l’errore dell’apostolo Pietro, che anche nella sua sincerità ed onestà, non aveva saputo compren­dere che la perseveranza, specialmente nel cimento, prevede la nostra dispo­sizione, ma ha bisogno dell’assistenza divina. “ lo darò la mia vita per te “, “Anche se tutti ti abbandonassero io non ti abbandonerò “ ; possiamo ammettere che l’apostolo credeva veramente di poter fare quanto promesso e voleva sinceramente essere fedele al proprio Maestro, ma purtroppo non conosceva la propria fragilità.

 

Noi invece dobbiamo conoscerla e dobbiamo saperla mettere nelle ma­ni di Colui che vuole darci tutta la forza della Sua grazia per darci vittoria in ogni battaglia fino ai giorno della vittoria finale e della gloria.

CHIAMATI ALLA SANTIFICAZIONE

di Roberto Bracco – “Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione”. (1°Tessalonicesi 4:3) - La salvezza determina un nuovo stato ed una nuova personalità, ma questa condizione non deve essere una condizione statica, ma dinamica. Il credente, giustificato in Cristo e rigenerato per la potenza della grazia, ha un cammino schiuso davanti ai suoi passi, quello della santificazione. Santificazione vuoi dire, sostanzialmente vivere per piacere a Dio e, praticamente vuoi dire, separarsi da ogni male e rendersi, in misura crescente, disponibili per il bene. Questa regola rappresenta la vita dei cristiano che in quanto discepolo di Cristo è un imitatore di Colui nei quale non fu trovato mai peccato.

 

Il sentiero della santificazione è di spavento a coloro che non camminano con Dio, ma è di gioia per i credenti che fanno della comunione con il cielo principio fondamentale della propria esistenza; essi si accorgono, come dice l’apostolo Giovanni, che i comandamenti di Dio non sono pesanti e che è dolce muoversi ed agire in tutta la volontà di Dio.

 

Non si può negare che una vita che si muove in santificazione è anche vita dì impegno, vita di conflitti, ma quando questo impegno è preso nella consapevolezza di operare in Dio e quando queste battaglie sono combattute alla gloria di Dio, si riesce a gioire anche nei tratti più aspri del sentiero e in mezzo alle difficoltà più grandi.

 

L’impegno, le battaglie sono sempre in diretta relazione con io spogliamento di ogni rimasuglio di umanità peccaminosa o di ogni riserva di concupiscenza carnale, di conseguenza, sono in relazione con la ricerca appassionata e sincera di tutte quelle virtù che devono prontamente coprire e rivestire le parti denudate dall’azione purificatrice della Parola di Dio. È impegno deporre la superbia come è impegno rivestire l’umiltà, è impegno spogliare l’ira, come è impegno adornarsi di mansuetudine…

 

È una duplice azione che assorbe costantemente e progressivamente il credente chiamato da Dio a rendere testimonianza della salvezza, ma non soltanto attraverso l’esperienza di un giorno, ma attraverso il programma di una vita.

 

È stato scritto che il « cielo è preparato per coloro che si preparano per il cielo »; la santificazione non è l’azione che ci fa “guadagnare”il cielo, ma è il cammino che ci mantiene nell’itinerario di Dio che conduce al cielo.

 

 

 

Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione. 1°Tessalonicesi 4:3

 

La salvezza determina un nuovo stato ed una nuova personalità, ma questa condizione non deve essere una condizione statica, ma dinamica. Il credente, giustificato in Cristo e rigenerato per la potenza della grazia, ha un cammino schiuso davanti ai suoi passi, quello della santificazione.

 

Santificazione vuoi dire, sostanzialmente vivere per piacere a Dio e, praticamente vuoi dire, separarsi da ogni male e rendersi, in misura crescente, disponibili per il bene. Questa regola rappresenta la vita dei cristiano che in quanto discepolo di Cristo è un imitatore di Colui nei quale non fu trovato mai peccato.

 

Il sentiero della santificazione è di spavento a coloro che non camminano con Dio, ma è di gioia per i credenti che fanno della comunione con il cielo principio fondamentale della propria esistenza; essi si accorgono, come dice l’apostolo Giovanni, che i comandamenti di Dio non sono pesanti e che è dolce muoversi ed agire in tutta la volontà di Dio.

 

Non si può negare che una vita che si muove in santificazione è anche vita dì impegno, vita di conflitti, ma quando questo impegno è preso nella consapevolezza di operare in Dio e quando queste battaglie sono combattute alla gloria di Dio, si riesce a gioire anche nei tratti più aspri del sentiero e in mezzo alle difficoltà più grandi.

 

L’impegno, le battaglie sono sempre in diretta relazione con io spogliamento di ogni rimasuglio di umanità peccaminosa o di ogni riserva di concupiscenza carnale, di conseguenza, sono in relazione con la ricerca appassionata e sincera di tutte quelle virtù che devono prontamente coprire e rivestire le parti denudate dall’azione purificatrice della Parola di Dio. È impegno deporre la superbia come è impegno rivestire l’umiltà, è impegno spogliare l’ira, come è impegno adornarsi di mansuetudine…

 

È una duplice azione che assorbe costantemente e progressivamente il credente chiamato da Dio a rendere testimonianza della salvezza, ma non soltanto attraverso l’esperienza di un giorno, ma attraverso il programma di una vita.

 

È stato scritto che il « cielo è preparato per coloro che si preparano per il cielo »; la santificazione non è l’azione che ci fa “guadagnare”il cielo, ma è il cammino che ci mantiene nell’itinerario di Dio che conduce al cielo.

 

 

DAVANTI AL GOLGOTA

di Roberto Bracco - Torno con la mia mente al Golgota, a quell’immenso cranio di pietra grigia con le sue occhiaie austere e rivivo l’emozione profonda provata davanti a quel monte, fuori di Gerusalemme e separato da questa da una strada brulicante oggi, come forse ieri, di gente frettolosa.

 

Mi sembra che davanti all’immagine anche fisica di quel monte fatale ho potuto rivivere più intensamente il dramma del Golgota; ho potuto contemplare da vicino l’amore del Padre che ha dato il Suo figliuolo, del Cristo che si è immolato per noi come Agnello. La croce ed il Crocifisso in una luce radiosa hanno riempito l’animo di una nuova visione di amore e di gloria… quale rivelazione meravigliosa, quale lezione preziosa per imparare fede, amore, umiltà; al Golgota, proprio al Golgota il cuore si schiude per ricevere la ricchezza delle benedizioni divine.

 

Non voglio, non posso attribuire all’elemento geologico o geografico il ruolo determinante di ispiratore, ma non posso neanche escludere che questa testimonianza che Dio ha voluto conservata nel corso dei secoli esprima un messaggio che s’indirizza al cuore per illuminarlo. E’ il messaggio che assomiglia a quello delle parabole, a quello dei riti e che attraverso elementi anche materiali esprime realtà spirituali che più facilmente possiamo comprendere e conquistare partecipando con tutta la nostra personalità.

 

Israele quindi continua ad essere oltre che un testo di geografia o di folklore una terra ricca di riferimenti biblici che invitano alla riflessione, alla meditazione e perché, no, alla contemplazione. Quel che ho provato al Golgota rappresenta un’esperienza che posso assomigliare, sia pure nella diversità delle sensazioni, a quel che ho provato al Getsemani, al Lago di Tiberiade, a Capernaum, a Nazaret a Betlehem, al Tabor, al Monte delle beatitudini….

 

Quante volte queste località, ma particolarmente il messaggio espresso da queste località si sbiadiscono nel cuore del credente, si allontanano per essere appena intraviste sotto la patina dell’immaginazione non sempre attenta, non sempre viva.

 

E’ facile elevare inni che suonano l’invito a salire al Golgota, ma quanti credenti giungono veramente alla croce di Cristo? Quanti salgono su quel Monte dove la terra ha tremato, dove il sole si è oscurato, dove sono state pronunciate le fatidiche parole: «Tutto è compiuto»?

 

Ritrovare l’ispirazione soltanto sui luoghi ove la storia è stata scritta forse non rappresenta un elemento positivo, ma perché ignorare o nascondere che il formalismo che tanto facilmente entra nella liturgia in questi giorni trova ampio spazio anche nei movimenti evangelici più caldi? Quindi se Cesarea, Cana, se il Monte degli Ulivi o Hebron possono esprimere un messaggio di risveglio o soltanto di riflessione accettiamo come salutare questo messaggio.

 

Ma sopra ogni altra considerazione ritorna quella espressa in relazione al Golgota; dobbiamo tutti accostarci alla croce, dobbiamo tutti contemplare il Crocifisso, salire lassù dove Colui che era stato preordinato prima della fondazione del mondo è morto per tutti, per ognuno di noi; dobbiamo fare di quella visione l’elemento ispiratore della nostra relazione con Dio, della nostra vita cristiana. No, non vuole essere un invito a visitare Israele benché questa visita sia stata per me una benedizione, vuole essere soltanto un’esortazione calda, pressante a tornare a quell’esperienza cristiana che libera da ogni formalismo ci faccia vivere in comunione con Dio nella realizzazione dell’amore che in Cristo Gesù nostro Redentore: Amen.

POTENZA NELLA VITA CRISTIANA

I discepoli, riuniti e in attesa, nell’alto solaio di Gerusalemme, non sapevano, almeno così sembra, in che modo si sarebbe adempiuta la promessa di Gesù: “Voi riceverete potenza” (Atti 1:8)…, ma sapevano, però, che la loro vita sarebbe stata rivestita di una forza soprannaturale, necessaria per rendere una testimonianza fedele al loro Signore e Salvatore. Possiamo subito dire che essere testimoni voleva dire per loro vivere la vita cristiana, e ricevere quanto promesso da Gesù voleva dire ottenere la forza necessaria per una testimonianza fedele, cioè, per una vita piena. Il giorno della Pentecoste udirono il suono di un vento impetuoso e forse rimasero sorpresi di quel fenomeno; videro delle lingue di fuoco ” … e forse rimasero sorpresi anche di questo miracolo; cominciarono a ” parlare in altre lingue “, e non è improbabile che anche questa esperienza fu motivo di meraviglia per loro, benché Gesù stesso aveva fatto riferimento a questo segno (Marco 16:17). Di una cosa certamente non rimasero sorpresi, e cioè, della potenza che compenetrò totalmente la loro vita.

 

Erano lì per aspettare non il vento o le lingue di fuoco, ma la potenza, e finalmente l’attesa si era conclusa con la copiosa effusione – E tutti furono ripieni di Spirito Santo (Atti 2 :4) – Si può aggiungere: Tutti furono ripieni di potenza. Infatti, come ha giustamente scritto un fedele servo di Dio, Gesù non aveva promesso lo Spirito Santo “e” la potenza, ma la potenza “nello” Spirito Santo. Da quel momento la testimonianza cristiana, resa da quei discepoli, manifesta i segni inconfondibili della soprannaturalità, e non soltanto nella loro parola, nel loro ministero, ma in tutta la loro vita che è autentica “vita cristiana”.

 

Nella chiesa di quei giorni non mancano i doni dello Spirito, l’autorità del ministero, l’eloquenza del messaggio o della testimonianza verbale, ma è soprattutto evidente la potenza dello Spirito Santo che si manifesta nella vita di ognuno e in ogni circostanza, in una dimostrazione luminosa di santità, di fede, di amore. La presenza dello Spirito nella chiesa è, quindi, l’evidenza di una potenza conferita per vivere una vita cristiana piena. Per questo motivo non possiamo non guardare con giustificato sospetto quei movimenti religiosi che amano definirsi carismatici e che affermano di realizzare l’esperienza del battesimo pentecostale, ma che di fronte all’ostentazione di fenomeni carismatici (che dovrebbero essere attentamente verificati) e mescolati con questi, presentano evidenti segni di confusione dottrinale e non meno chiare manifestazioni di soggezione al mondo e al peccato.

 

Ovviamente non intendiamo generalizzare e d’altronde il medesimo sospetto può essere avanzato anche nei confronti di quei sedicenti fondamentalisti che difendono gli aspetti formali dell’esperienza pentecostale, ma ignorano il contenuto sostanziale. La potenza dello Spirito Santo deve produrre tutti gli effetti della vita cristiana; genericamente si può concludere che deve, assieme alla manifestazione dei doni, fecondare il frutto, ma quando entriamo nei particolari, negli aspetti pratici, dobbiamo parlare di una vita di autorità nella testimonianza, nel ministero dobbiamo parlare di dimostrazioni di potenza nell’esercizio della santità, dell’amore, della fede.

 

Lo Spirito Santo deve poter dimostrare la Sua presenza in tutte le scelte, in tutti i programmi, insomma, in tutte le parole del credente, in tutte le sue azioni, in tutti i suoi pensieri.

 

La netta separazione dal mondo, il deciso ripudio di tutte quelle cose che quando non hanno in modo evidente le caratteristiche del male, nascondono, però, gli elementi sottili che possono produrre separazione o anche soltanto distrazione da Dio, l’esercizio di un amore eroico, sincero, e altre cento, mille manifestazioni di una vita vissuta in contrapposizione ai comportamenti di quanti pur professando una religione non conoscono Dio. Questa è la vita cristiana vissuta come testimonianza evangelica nella potenza dello Spirito Santo.

 

Qualcuno ha detto: “La chiesa deve riscoprire la potenza” ma forse bisogna aggiungere che prima deve riconoscere il ” bisogno “, il proprio bisogno di fronte a questa realtà. Ci spieghiamo meglio: La potenza è necessaria per vivere la vita cristiana autentica; una vita che nasce da una vera esperienza di salvezza e si evolve nella grazia di Dio. Non sempre, però, quella che viene definita vita cristiana è autenticamente tale; qualche volta invece di conversione, c’è stata forse soltanto convinzione e al posto di un’esperienza rigeneratrice è stato collocato un proponimento umano; un buon proponimento, ma umano.

 

Da questo punto di partenza, la ” vita cristiana ” è concepita e vissuta secondo un modello che ” non ” richiede potenza; bastano le risorse naturali della personalità umana che, anzi, possono tanto più abbellirla e renderla perfino competitiva nel mondo religioso, quanto più sono copiose ed eccellenti. Vogliamo aggiungere che questo genere di vita può essere scelto anche da coloro che sono partiti da una vera esperienza di salvezza e dobbiamo ammettere con dolore che in questi giorni non sono pochi coloro che hanno sostituita la vera vita cristiana con un surrogato che li ha fatti entrare nel consesso delle tante religioni per proclamare, forse, un credo perfettamente ortodosso, ma per vivere secondo le regole e principi che non differiscono molto da quelli osservati dai praticanti di una qualsiasi religione.

 

Questa vita, ripetiamo, non ha bisogno per essere vissuta, della potenza dello Spirito; è una vita naturale, ed ha bisogno solo di risorse naturali. La vera vita cristiana, invece, è una vita soprannaturale e può essere vissuta soltanto mediante la potenza del Regno, della Parola, dello Spirito. Non dobbiamo solo riscoprire la potenza dello Spirito, ma anche riconoscere la nostra debolezza e non possiamo riconoscere la nostra debolezza se non ritroviamo intero il senso della nostra vocazione. A quanti pregano per un nuovo, potente risveglio pentecostale è utile suggerire di non dimenticare, di mettere al centro della loro preghiera a Dio questa richiesta:

 

” Signore aiutaci ed aiuta il Tuo popolo a ritrovare il senso della nostra vocazione per schiudersi così alla Tua potenza, riceverla per vivere una vera vita cristiana di perfetta santità, in testimonianza del Tuo Figliuolo Gesù Cristo nostro Salvatore “.

 

 

UNA TESTIMONIANZA

di ROBERTO BRACCO - Lettura biblica: 1 Timoteo 1:12-20 - La storia di Saulo da Tarso, perse­cutore della Chiesa cristiana, fariseo zelante, difensore della fede giudaica, è troppo nota per aver bisogno di essere ricordata, ma la testimonianza che egli rende, attraverso questa pagina della sua lettera a Timoteo, esprime un mes­saggio così vivo, così attuale, da non poter essere ignorato. In poche parole, l’apostolo mette a fuoco la propria esperienza e chiarisce com’è diventato cristiano e perché è cristiano.

 

La testimonianza di Paolo, dottore delle genti, l’antico Saulo beniaminita, è particolarmente valida per esprimere un messaggio, perché ci parla dell’esperienza di un uomo già religioso, so­cialmente e moralmente irreprensibile, altamente stimato nel mondo e nella chiesa dei suoi giorni. Oggi, sarebbe stato definito uomo retto e pio, meri­tevole di rispetto e degno di ogni rico­noscimento umano e divino. Ma ascoltiamo le sue parole, pro­prio quelle parole che egli ha saputo pronunziare e scrivere dopo la sua conversione: «Gesù Cristo è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo» La giustizia che rivestiva la sua an­tica personalità, le opere meritorie che rappresentavano il vanto della sua vita religiosa di ieri, si presentano agli oc­chi di Paolo nella loro reale fisiono­mia; quando camminava nel buio delle sue convinzioni religiose, pensava di avere abiti decenti e splendidi, ma quando la luce di Cristo Io ha illumina­to, si è accorto d’indossare soltanto cenci luridi ed abiti sdruciti, che da­vano maggior risalto alle ignobili nudi­tà della sua vita.

 

L’esperienza personale si trasforma in conoscenza di una verità che ritor­nerà poi in tutti i messaggi dell’aposto­lo: «Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» ! Credevo di essere vivo nel cospetto di Dio, e invece ho dovuto riconoscere che anche io, religioso, zelante, ero spi­ritualmente morto e quindi sono stato costretto ad ammettere che se «Cristo è morto per tutti », è stato in conse­guenza della fatale realtà che « tutti, nessun escluso, erano morti ». Queste, proprio queste sembrano essere le pa­role di Paolo.

 

Egli si riconosce un povero pecca­tore, perduto, bisognoso di salvezza; riconosce cioè che la sua religiosità e la sua moralità costituivano dei surrogati con i quali egli sperava di regolarizzare la sua posizione davanti a Dio, ma che invece servivano soltanto per creare u- n’insidiosa illusione che lo manteneva lontano e separato da Dio.

 

«Cristo è venuto nel mondo per salvare i peccatori » ! Mosè, la Legge antica, le pratiche liturgiche, l’osser­vanza scrupolosa e, qualche volta, fa­natica delle prescrizioni e delle tradi­zioni non potevano fare quello che Cristo è venuto a fare: salvare i pecca­tori, dei quali io sono il primo.

 

La testimonianza dell’apostolo chia­risce anche che la salvezza offerta da Cristo non si esaurisce nel perdono dei peccati, perché è una salvezza perfetta, una salvezza duratura. Egli è costretto a confessare che oltre ad essere lonta­no da Dio, era anche, malgrado non fosse disposto ad ammetterlo prima, vittima e schiavo del male: « ero be­stemmiatore, persecutore, ingiurio­so… ».

 

Più tardi, pienamente illuminato dalla luce del Vangelo, confesserà che era «costretto a fare quel che non vo­leva» perché nella «sua carne non abi­tava alcun bene».

 

Saulo da Tarso aveva esperimentato nella sua vita proprio le medesime co­se che esperimentano, anche oggi, tutti coloro, e non sono pochi, che cercano riparo in una religione, di cui conosco­no più gli aspetti formali, che non i contenuti spirituali anche perché spes­so questi sono totalmente inesistenti. Peccatori, separati da Dio, schiavi del male, credono di avere uno scopo, di seguire un itinerario ed invece sono poveri erranti in lotta con Dio, in lotta con se stessi, in lotta con tutti e con tutto.

 

Ma, scrive Paolo, riandando con la sua mente a quel giorno lontano eppu­re sempre vicino, cioè del suo incontro con Cristo: «Misericordia mi è stata fatta» perché la potenza di Cristo si è manifestata nella mia vita, non soltan­to nel perdono dei miei peccati, ma anche nella rigenerazione della mia personalità; Egli mi ha fatto un «esempio» per coloro che dopo di me avrebbero creduto in Lui.

 

Paolo parla a questo punto della li­berazione dalla presenza e dalla poten­za del peccato, cioè della vera reden­zione esperimentata nella grazia di Dio in Cristo. Il perdono cancella i peccati del passato, ma la rigenerazione offre la possibilità di ripudiare il peccato per sempre. Nell’epistola ai Romani, l’apostolo offre la sintesi di questa realtà con le meravigliose parole: «il peccato non vi signoreggerà, poiché non siete sotto la legge, ma sotto la grazia» (Romani 6:14).

 

Anche l’irreprensibile fariseo era un giorno schiavo del peccato, ma egli propone la sua testimonianza cristiana a coloro, particolarmente, che vivono in uno stato di abbrutimento totale, servi di vizi e di passioni che distrug­gono la loro vita, forse la loro casa, la loro famiglia, trascinati da una corren­te fatale verso la condanna eterna.

 

Egli mi ha fatto un esempio, perché possa mostrare a tutti che: «… il no­stro vecchio uomo è stato crocifisso con lui, acciocché il corpo del peccato sia annullato». Anche queste parole scritte ai cristiani di Roma, sembrano avere un posto nella testimonianza resa dall’apostolo attraverso la sua lettera a Timoteo, suo discepolo e collaborato­re fedele.

 

Possiamo però notare che senza ri­ferimenti storici e senza fornire parti­colari, Paolo, oltre a dirci quale signifi­cato ha avuto per lui l’esperienza cri­stiana, ci precisa anche la meccanica della sua meravigliosa realizzazione. Non è stato lui a cercare Cristo, ma è stato Cristo a cercare lui; non è stato lui ad entrare nella grazia, ma è stata la grazia ad entrare in lui.

 

Anche questo lato della testimo­nianza vuole esprimere un messaggio chiaro e preciso: l’iniziativa viene dal­l’amore di Dio; la salvezza deriva dalla potenza di Cristo: Egli è venuto a me, ha fatto risplendere la sua luce, mi ha indirizzata la sua parola. Possiamo riandare con la mente al libro degli Atti, che ci fornisce il racconto detta­gliato della conversione di Saulo, e trovare la conferma delle dichiarazioni dell’apostolo.

 

— Cristo gli è apparso sulla via che lo conduceva persecutore a Damasco, si è rivelato, lo ha umiliato e poi… lo ha redento, rivestito di potenza, chia­mato al ministero.

 

Non vogliamo lasciarci trarre in inganno da un’interpretazione superficiale e frettolosa della testimonianza di Paolo e concludere che Dio ha espresso verso lui un amore e ha applicato un metodo che se fossero usati per tutti, tutti giungerebbero alla salvezza. Dio parla a ciascuno nel proprio linguag­gio, ma sostanzialmente ama tutti nel medesimo modo, e verso tutti applica un metodo che non è mai coartazione, ma invito ad una scelta e ad una decisione da compiersi in completa libertà.

 

Anche tu, amico, che cammini sul sentiero scelto da te, odi in quest’ora una voce, forse l’hai udita molte volte e risuona ancora una volta per te, espressa da questo scritto; è una vo­ce che s’indirizza direttamente al tuo cuore e che t’invita ad accettare, final­mente, l’opera redentrice di Gesù Cri­sto, il Figlio di Dio, il tuo Salvatore.

 

Anche per te, Egli vuole compiere quello che ha compiuto per Saulo da Tarso, ma anche da te attende una resa totale, sincera, umile.

 

Egli è pronto a cancellare il tuo passato e tutte le ipoteche che lo gra­vano a causa del peccato; è pronto a trasformare totalmente la tua vita e a darti una nuova personalità, libera, forte; è pronto, soprattutto, a scrivere il tuo nome nel Libro della Vita, e a fare di te un erede del Regno eterno di gloria.

 

Non basta però udire una voce, ve­dere una luce, avere un incontro con Dio…, è necessario riconoscere in que­ste importanti circostanze la manife­stazione di Dio e accettarla perché di­venga esperienza personale ed intima di autentica salvezza.

 

Ricordati, la testimonianza di Paolo non fa che riproporci il tema della misericordia di Dio e della nostra personale responsabilità, e quindi, è un invi­to ad accettare il «dono divino» che è gioia e salvezza nel tempo e nell’eternità.

CHI E' COSTUI?

di ROBERTO BRACCO - Coloro che avevano risposto all’appello del Maestro divino, che lo avevano seguito, che erano entrati nelle file dei suoi discepoli, avevano avuta la possibilità più degli altri di vedere le opere, di udire le parole di Cristo. La potenza soprannaturale del Redentore era stata messa in azione davanti a loro attraverso molteplici circostanze ed essi avevano veduto miracoli, guarigioni, liberazioni. Erano passati di meraviglia in meraviglia e le esperienze compiute erano state esperienze sempre nuove, sempre più grandi. Eppure di fronte all’autorità che Gesù esercita, non sopra un corpo ammalato, o sopra un’anima inferma, ma addirittura sopra gli elementi della natura, essi si sentono sopraffatti dalla grandezza della sua personalità ed esclamano: “Ma chi è costui?

 

Avevano conosciuto Cristo nella potenza delle sue parole e delle sue opere; ma quello che vedevano, sembrava superare ogni concetto che si erano formati di Lui. In fondo, dominare una tempesta, non era la cosa più difficile che Cristo avrebbe potuto compiere, ma in quell’ora per i discepoli rappresentava una circostanza sconvolgente. Chi è costui? Egli ha autorità sopra i corpi ammalati e sopra le anime ulcerate; Egli può’ diluire le potenze del male, travolgere la dialettica cavillosa degli ipocriti, può’ abbattere l’orgoglio degli altieri, sollevare lo spirito degli afflitti e può’ anche comandare agli elementi naturali, alle potenze della natura.

 

Chi è costui? La domanda era logica dal punto di vista umana. Colui che dormiva nella navicella agitata dalle onde, rivestiva un corpo identico a quello dei discepoli, le necessità fisiche in quel corpo non si differenziavano da quelle di un qualsiasi organismo umano, ed infatti Cristo dormiva, perché sopraffatto dalla stanchezza e dal sonno. Uomo tra gli uomini appariva in tutta la sua evidente umanità.

 

In un uomo può’ anche trovarsi grandezza e potenza; e se quest’uomo è un servo di Dio, un profeta di Dio o l’Unto di Dio (come dicevano gli Israeliti), si può’ anche trovare una grande potenza, ma tutto entro un limite, entro una misura. L’opera di Gesù appariva invece fuori d’ogni limite e d’ogni misura; e in quell’azione essi potevano vedere soltanto l’autorità onnipotente di Dio, di quell’ Iddio che essi ancora non riuscivano a concepire, incarnato in un involucro di terra.

 

Chi è costui che appare uomo ed opera da Dio?… La domanda poteva essere espressa in questi termini discepoli sbigottiti. Costui è Dio, Dio per noi, Dio fra noi, l’Emmanuele pro-messo. Soltanto Dio mescolato tra gli uomini, vicino agli uomini, legato agli uomini a mezzo della partecipazione dell’umanità, poteva, può’ potrà sempre essere quello che Cristo è stato, per coloro che lo hanno accettato per fede e ricevuto con fede. Costui è Dio! ma possiamo aggiungere per chiarire il mistero del suo ministero: Costui è il consolatore, il redentore, il guaritore, il salvatore. Egli può’ comandare agli elementi della natura ed acquetare la tempesta, ed Egli può’ anche superare e vincere tutte le potenze che scatenano le tempeste del mondo morale e spirituale. Infatti la personalità di Cristo assomma ed assomma in se stessa tutti gli attributi della divinità e può’, secondo le diverse esperienze di coloro che lo hanno incontrato, essere definito in rapporto alle manifestazioni delle sue caratteristiche soprannaturali.

 

Alla domanda: Chi è costui? La Maddalena può’ rispondere: il Consolatore, cioè colui che ha saputo comprendere la mia pena, asciugare le mie lacrime ed acquetare la mia ansietà.

 

Il lebbroso può’ invece rispondere assieme al cieco, al paralitico, allo zoppo: Egli è il Guaritore, il solo che ha saputo, che ha voluto sanare la mia e la nostra infermità.

 

Il Gadareno indemoniato può rispondere: Cristo è il redentore, colui che ha esercitata potenza divina per liberarmi dalle catene infernali che mi avvilivano e mi facevano soffrire.

 

Il Malfattore penitente sulla Croce può’ invece rispondere: Egli è il Salvatore, perché ha perdonato le mie colpe e ha aperto davanti a me l’ingresso della vita e della gloria.

 

Toma, il discepolo esitante ed incredulo, può’ rispondere: Egli è il mio Signore, il mio Dio, perché mi è apparso nella potenza della risurrezione e mi ha mostrato i segni della sua eterna vittoria.

 

Chi è costui? Egli è quello che solo Dio può’ essere, ma è soprattutto quello che necessita agli uomini bisognosi dell’amore divino e della potenza celeste. Egli è colui che può’ venire incontro al tuo particolare bisogno e può entrare nel tuo personale problema. In Lui c’è l’aiuto onnipotente e in Lui soltanto c’è la soluzione completa del problema che ti opprime e ti fa soffrire.

 

Egli può essere il tuo Guaritore, il tuo Salvatore, il tuo Redentore, il tuo Consolatore, il tuo Dio.

 

Anche tu potrai provare il senso della più alta meraviglia di fronte alla straordinaria personalità di Cristo. Anche tu, come i discepoli, potrai chiederti: Chi è costui? Un incontro con Lui significa sempre un incontro con la più stupefacente e meravigliosa realtà dello spirito; e quello che si ottiene in Lui e da Lui, sopravanza sempre le concezioni più ardite e le richieste più audaci. Anche se tu hai collocato Cristo nelle vette più alte della tua considerazione e della tua stima, sarai obbligato a confessare a te stesso che avevi soltanto un’idea pallida e sbiadita della sua personalità.

 

Il suo Nome si trova infinitamente più in alto del luogo che tu lo hai posto col tuo pensiero o con la tua fede incerta. Devi soltanto incontrarlo. Ma forse, tu hai desiderato un incontro con Lui… e fino ad oggi non lo hai ottenuto e probabilmente pensi nel tuo cuore ch’Egli dorma, ignaro delle tue pene e insensibile ai tuoi affanni. Si, forse dorme. Ma si trova ugualmente vicino a te, forse ti lascia nella tempesta delle prove e in quella più angosciosa del tuo tormento, ma non ignora le tue pene, aspetta soltanto il tuo grido, la tua preghiera: tu puoi destarlo !

 

Se hai constatato che il pericolo t’avvolge, se hai conosciuto che la tua abilità si infrange contro la tua triste situazione, rivolgiti a Gesù, Egli è vicino a te e se dorme è pronto a ridestarsi per te. La sua parola acqueta la tempesta, la sua autorità ferma i venti; e quando l’onnipotenza che è essenza della sua personalità e che emana dalla sua personalità, avrà dato pace al tuo cuore agitato, tu potrai dire soltanto nella gioia della meraviglia: Chi è costui ?